Si racconta che Churchill, durante la seconda guerra mondiale, in uno dei suoi discorsi alla radio abbia citato l'aneddoto di un negozio che, sotto i bombardamenti tedeschi, teneva orgogliosamente aperti i battenti, con l'insegna "business as usual". Quello era l'esempio, per Churchill, del londinese che non si arrende.
La sensazione di "business as usual" è, nel bene e nel male, quella che si respira qui a Londra oggi.
Ieri pomeriggio il rientro a casa è stato più agevole del previsto: gli autobus funzionavano regolarmente. Ho fatto parte del viaggio con Simona, una mia amica dei tempi dell'università che non vedevo da secoli e che ho rivisto in questi giorni proprio a Londra. Tra l'altro Simona cura un blog, e la sua cronaca della giornata di ieri è la miglior cosa che possiate leggere on line:
Simona si è fermata a Brixton, e nel tragitto fra Brixton e Clapham ad un certo punto sul bus eravamo una dozzina, ed io ero l'unico bianco! :)
Mi ero attrezzato per rimanere a casa oggi, portandomi delle cose da leggere. Ma stamani alla tv ho appreso che la metropolitana ha ripreso a funzionare, e non ho resistito all'idea di venire in città.
Tornare sul "luogo del delitto" della "Tube" è forse il modo migliore per tastare il polso della situazione. Scendere la scala mobile fa un certo effetto, ma basta non pensarci troppo.
I treni sembrano in orario. Sali. La gente è tranquilla. Legge. Se qualcuno ieri fosse rimasto chiuso in casa senza tv e telefono probabilmente oggi non si accorgerebbe di nulla. Unico sintomo, i titoli dei tabloid che la gente sfoglia.
Non ho passeggiato per la città: all'uscita della metropolitana sono venuto in ufficio. la pausa pranzo a pochi metri da qui. e dunque non so come stia vivendo la città. Ma la sensazione è di tranquillità. Solo si sentono un sacco di elicotteri che sorvolano la zona.
Stasera farò un giro per il centro. Non escludo di andare a ballare il tango, mi sono attrezzato con le scarpe. "business as usual".
"business as usual" è una sensazione strana, per la nostra cultura italiana. Da una parte hai la sensazione di menefreghismo. Poi pensi che sicuramente ieri su rai 1 Vespa godeva di essere in prima serata e si rammaricava dell'assenza di immagini truci (ho indovinato?). E apprezzi la misura dell'informazione britannica.
"Non ci spaventate" è probabilmente la miglior risposta che la città potesse dare ai terroristi.
Mi ha fatto molto piacere ricevere le decine di mail e di sms che mi avete inviato. "Come stai?", "Tutto ok?", "Rispondi in fretta, sono preoccupata".
Ho ricevuto un messaggio anche da Michele, che in questo momento, x il suo PhD, è a Gerusalemme. Prima che partisse lo si prendeva in giro: "attento agli autobus". Oggi abbiamo scherzato, via mail, su "rischio reale e rischio percepito".
Non mi dilungherò su commenti sull'attentato. Da un punto di vista etico è semplicemente inqualificabile. dal punto di vista politico è la dimostrazione che "possiamo colpirvi quando vogliamo, anche durante il g8", che fare 2 guerre per combattere il terrorismo è una boiata pazzesca. Dal punto di vista della "loro" strategia politica, è difficile immaginare che Londra (o New York, o Madrid) possa essere "nemica dell'islam", visto il senso di libertà che si respira da queste parti. Londra è solo, implicitamente, "nemica dell'integralismo", e forse è proprio questo senso di libertà che i terroristi combattono.
A proposito: la citazione di Emma Goldman (grazie, Maddalena, per avermela segnalata) "If I can't dance, it's not my revolution" è, ora più di prima, un manifesto politico: gli integralisti (islamici, cristianici, marxianici che siano) vedono la danza come qualcosa di peccaminoso, diabolico e da proibire. Se non posso essere libero (anche di ballare) non è il mondo che voglio