Novantun'anni fa scoppiava la prima guerra mondiale.
Pochi giorni dopo la popolazione di Vallarsa sarebbe stata deportata: metà valle in austria (a Mittendorf), l'altra metà a Varazze.
Per 4 anni milioni di uomini furono costretti a convivere sotto terra, esposti agli agenti atmosferici e ai bombardamenti, in condizioni igieniche disastrose. La Guerra veniva privata di ogni forma di idealismo, per diventare un'officina, in cui l'efficienza del massacro sopravanzava ogni considerazione umanitaria. Parziale eccezione fu quella dei piloti di aereo, visti come i moderni "cavalieri", per i quali la guerra non significava abbrutimento ma quasi un duello di stampo medievale, unico caso in cui l'eroismo propagandato dalle autorità militari trovava una fittizia applicazione.
Le condizioni della vita di trincea ebbero conseguenze enormi sullo sviluppo del conflitto. La diserzione e l'automutilazione erano all'ordine del giorno, tanto da richiedere l'intervento esteso e violentissimo delle autorità. Al contempo nell'inferno della trincea si sviluppavano fenomeni nuovi che avrebbero determinato la storia culturale successiva. Un intenso spirito di cameratismo tra i soldati semplici avrebbe favorito l'idealizzazione e ideologizzazione della guerra, elemento fondamentale per il successivo imporsi delle ideologie totalitarie. Al contempo la consapevolezza dei sacrifici a cui si era sottoposti alimentavano, soprattutto nelle classi popolari, la speranza di una maggiore partecipazione alla costruzione dell'Europa postbellica.