Il mio programma, giovedì, era di andare a casa, cenare, leggere qualcosa ed andare a letto. Alle otto ero ancora in ufficio, quando ha chiamato Tullio: "Vieni al concerto di Noa stasera?" "Sono ancora in ufficio, non ho cenato". "Puoi cenare a casa mia, c'è il minestrone di mia madre". E dunque ho finito di scrivere due cose, poi minestrone da Tullio ed infine al concerto di Noa, alla Campana dei Caduti di Rovereto.
Conoscevo Noa soltanto di nome, ma non ricordavo nessuna delle sue canzoni. I primi due pezzi, suonati da un gruppo di archi, hanno subito reso l'idea della qualità del concerto. Noa è entrata in scena alla terza canzone. Ha cantato due canzoni in israeliano: "For father" e "Mishaela"; splendida voce, bella musica. Poi ha salutato il pubblico, in inglese. Si è detta felice di suonare in quello scenario; si è detta emozionata; emozionata di esibirsi al cospetto della campana della Pace; emozionata per quello che sta succedendo nel suo paese, Israele.
Ha brevemente spiegato il significato della canzone che aveva appena cantato, "Mishaela". Il testo parla di una giovane donna che cammina nel deserto; dove tutti gli altri vedono deserto la donna vede prati verdi, alberi, fiori. Proprio come in queste splendide valli, ha aggiunto Noa.
Il concerto è proseguito con canzoni in inglese e in israeliano. Ero seduto sul prato davanti alla campana, in mezzo alla gente; ero piuttosto stanco, la musica mi piaceva molto ma faticavo a rimanere concentrato. Mi guardavo intorno; pur lavorando e vivendo a Rovereto da anni non avevo mai visto la campana dei caduti. Attorno allo slargo le bandiere di tutte le nazioni, mi sono soffermato a guardare quella statunitense. Stava calando la notte, ma il cielo era ancora chiaro, si vedevano i profili delle montagne, il verde.
Pensavo al fatto di essere li quasi per caso, di averlo deciso un'ora prima. È bello, pensavo, poter decidere di trascorrere una serata in questo modo; ripensavo a com'era successo ... stavo lavorando sul mio computer portatile, Tullio mi ha chiamato sul cellulare, io ho telefonato a casa che sarei rientrato tardi, con l'auto siamo venuti al concerto. Cellulare, computer portatile: sono oggetti che 40 anni fa non erano nemmeno pensabili; siamo una generazione privilegiata di un'area del mondo privilegiata. Ci sono concesse possibilità che i nostri nonni non potevano nemmeno immaginare, e che milioni di persone lontani dall'occidente possono soltanto sognare. Ascoltavo Noa cantare e pensavo al fatto che diamo per scontato quello che abbiamo, i mezzi, le possibilità, la libertà; ero li, e avevo voglia di non dare nulla per scontato; volevo apprezzare, in piena consapevolezza, la bellezza di una notte fra le montagne, davanti alla più grande campana del mondo, circondato dalle bandiere di tutte le nazioni, sotto al cielo stellato, in mezzo a tanta gente seduta per terra nel prato, ad ascoltare una musica che ti porta lontano, nel deserto.
Il concerto cresceva, il ritmo prendeva corpo, la musica si faceva acqua, e fra le valli del Trentino si respirava il profumo del Mediterraneo, chiudendo gli occhi eravamo salpati verso oriente. Non avevo più bisogno di concentrarmi, ora, per apprezzare la musica: ne ero immerso, bagnato dalle sue onde, mi muovevo al suo ritmo, ed il flusso di pensieri si era chetato, lasciando il posto alle percussioni, ai violini, alla sua voce.
La campana era davanti a noi, immobile; la campana della pace, la musica yemenita; il piacere di essere li e la consapevolezza che altrove si combatte, che in Medio Oriente parlano le bombe. Quella consapevolezza mi diceva che era importante apprezzare fino in fondo la bellezza di quella notte; perché li il Medio Oriente si mostrava in un modo diverso; il mondo yemenita che Noa ci raccontava quella notte non era fatto di integralismi religiosi, né di missili, né di martiri suicidi. Era una musica che diceva di una cultura millenaria, di sensualità, seduzione, amore, voglia di vivere; melodia ipnotica, che ti permetteva di viaggiare, di sognare. Di danzare. Musica che parlava israeliano, inglese (bellissima la versione "Eye in the sky", capolavoro di Alan Parsons ed Eric Woolfson) e napoletano: assieme al Solis Quartet Noa ha interpretato alcuni classici partenopei. "Tammuriata Nera" arrangiata con ritmi e melodia araba, un vero capolavoro. Canzoni che parlano della nostalgia di Napoli cantate da un'israeliana emigrata, all'età di due anni, in America. Ho pensato al tango, che della nostalgia è una delle bandiere.
Ho comperato il doppio cd dal vivo, altro prodotto tecnologico sconosciuto trent'anni fa. L'ho comperato perché volevo portarmi a casa non soltanto il ricordo di quella musica, perché voglio continuare a coltivare questa prospettiva nei confronti del Medio Oriente. Perché non voglio rassegnarmi ai missili di Hezbollah, non voglio rassegnarmi all'idea che l'esistenza di Israele possa essere messa in discussione. E non voglio rassegnarmi all'idea che l'unica difesa isrealiana possa essere una guerra che colpisce i civili e lascia indenni i terroristi. E non voglio rassegnarmi nemmeno ad un pacifismo ottuso che grida assassini agli ebrei.
Mishaela nel deserto vede i fiori non perché è un'illusa, ma perché è visionaria. Perché sa vedere anche dove gli altri non guardano, perché non si lascia condizionare da un unico punto di vista. Mishaela ci ricorda che, se siamo consapevoli, il mondo che ci circonda è diverso, la nostra vita è più ricca. Consapevoli che nel mondo ci sono i missili e le guerre, e ci sono gli uomini che cantano, che ballano e che si amano; consapevoli delle possibilità che abbiamo, della nostra libertà, e della bellezza di una notte come quella di giovedì.
Vi sono fiori ovunque, per coloro che sanno guardare. Henri Matisse