Il Garufa è un locale in Pfingsweidstrasse, a nord della HauptBahnhof, non proprio vicino al mio albergo. Ho scartato da subito l'idea dell'autobus, perché mi sarei di sicuro perso. Ero a Zurigo da 2 giorni, per partecipare all'European Congress of Cognitive Ergonomics, dove ho presentato un poster. Prima di partire avevo scaricato da internet la lista delle milongas di Zurigo. Ero arrivato martedì verso le due ed avevo speso il pomeriggio e la serata a gironzolare per la città, armato della mia nuova fotocamera digitale. La sera avevo fatto un salto alla milonga dello Zeughaushof, un ristorante con un'ampia sala. Purtroppo ho ballato poco: sono arrivato tardi (verso le 10.30) e alle 11.20 la milonga è terminata. Pieno di gente piuttosto giovane, un bell'ambiente, all'insegna del tango nuevo. Ho ballato con un paio di ragazze, entrambe bravine, entrambe molto simpatiche ed attraenti. Con una ho conversato in italiano, le ho chiesto se conosceva Capossela. Insomma, un peccato che sia durato così poco. Mercoledì sera cena sociale del congresso, all'ultimo piano della sede dell'università, e dunque niente tango. Mi sono consolato tentando di insidiare una biondina tedesca caruccia, con la quale ho condiviso il tavolo alla conferenza il giorno seguente. Quando, in pausa pranzo, siamo andati a bere un caffé assieme, ho scoperto che è appassionata di danza, ha fatto "classical ballet" per anni e ama la danza contemporanea. Le ho confessato di aver fatto contemporanea, che quella sera pensavo di andare a ballare tango. "would you like to enjoy some tango with me, tonight?" le ho chiesto. "No, thanks". Pazienza.
Sono arrivato al Garufa verso le dieci meno venti, dopo essermi fermato in LangeStrasse a cenare. Ingresso dieci franchi, mi sono cambiato le scarpe e ho fatto un giretto di ricognizione. L'età media dei ballerini era piuttosto alta, anche se nel corso della serata le persone più anziane hanno poi fatto posto ai più giovani. Ho da subito addocchiato una ragazza bionda, affascinante, che sembrava decisamente brava. Mi sono seduto a lato della pista per farmi un'idea della milonga, quando una signora si è avvicinata chiedendo se volevo ballare. "Ja, genau!". Abbiamo ballato cinque o sei fra milongas e tangos, facendo prevalentemente cose semplici: quando provavo a portarla nel giro incontravamo qualche problema tecnico, e facevo fatica anche a seguire il ritmo.
Con le tre o quattro ballerine che ho invitato dopo le cose sono andate un po' meglio, ma alcune difficoltà rimanevano: non riuscivo a portarle nel giro, le sentivo fare ochos molto stretti, insomma faticavo a ballarci. Una di loro ha cercato di spiegarmi qualche cosa nel loro tedesco svizzero. "Hem, ich bin italianisch". E allora ha sfoderato il suo italiano per dirmi che si è accorta che io ballo un tango più largo, mentre li si balla milonguero, stretto stretto. Si, me n'ero accorto, fatto sta che non riuscivo ad ingranare. Intanto continuavo ad osservare la ragazza bionda. Mi piaceva un sacco come ballava, ma anche lei con uno stile molto milonguero. Verso le undici l'ho vista seduta al bar, mi sono armato della necessaria sfacciataggine e mi sono avvicinato per invitarla. "Mochtest du tanzen?" "Ja, gern" mi ha sorriso, e siamo entrati in pista. Dopo due tangos si scusa, ma dice di aver bisogno di una pausa: "Ich bin so mude", e mi lascia come un salame in mezzo alla milonga.
Si, mi è dispiaciuto, però non l'ho biasimata. Non ci stavamo divertendo, ballavamo due cose diverse. Sono andato al bar, ho ordinato una bibita, mi sono seduto ai lati della pista ad ascoltare la musica, a guardare gli altri ballare, e a fare un bilancio della serata.
Cosa mi aveva spinto a farmi quaranta minuti a piedi in una città straniera per ballare il tango? La diagnosi più ovvia è di "tango addiction", drogato di tango. In realtà non è vero, quest'estate in tre mesi sono andato a ballare una volta sola. A Zurigo cercavo una sensazione che avevo vissuto a Londra l'anno scorso. "Tango al fresco" era una milonga organizzata una domenica pomeriggio di settembre nel bel mezzo di Regent's Park. Giornata assolata, pista affollatissima, bella musica. Una delle ragazze con cui ballai mi disse di essere americana di San Francisco, di essere a Londra in vacanza, e che il giorno dopo sarebbe ritornata in America. Il tango sa essere mille cose, in quel momento mi sembrò una specie di esperanto che permetteva ad un uomo trentino ed una donna californiana di incontrarsi nel mezzo di un parco londinese a ballare come se ci si conoscesse da sempre, ringraziarci, salutarci consapevoli che quasi sicuramente non ci saremmo mai più visti. A Zurigo in fondo è successo, ho ballato con donne che quasi sicuramente non rivedrò mai più. Ma io e le ballerine del Garufa parlavamo due dialetti diversi di quell'esperanto, io tango aperto loro milonguero. Con la bionda bravissima era un problema reale, in quanto lei era, nel suo stile, molto tecnica. Con le altre donne con cui ho ballato, però, il problema era solo mio; ho avuto la sensazione che loro si divertissero a ballare con me, tutto quello che dovevo fare era semplificare le figure e concentrarmi sulla qualità di quei passi. Sarebbe stato un ottimo esercizio, e avremmo ballato dei tangos belli, espressivi, emozionanti. Invece no, ero tutto concentrato sui passi che risucivamo o non riuscivamo a fare.
Mentre sorseggiavo la mia lemonsoda ho guardato una delle ragazze con cui avevo ballato. Era davvero molto bella: mora, alta, longilinea, proporizionata, bel viso. Mezz'ora prima le avevo chiesto di ballare, lei aveva accettato con entusiasmo. Appena entrati in pista mi aveva avvolto in un abbraccio strettissimo, i corpi in contrappeso, tanto che il mio braccio destro era del tutto inutile: lei c'era, non c'era bisogno che io la stringessi. Ripensandoci non ho potuto trattenere un sorriso: qualsiasi maschio eterosessuale sano non tanguero mi avrebbe guardato con un senso di ammirazione ed invidia; approdo in una città che non conosco, che parla una lingua che non è la mia, mi infilo in un locale e dopo neanche mezz'ora mi ritrovo assieme ad una ragazza davvero bella che mi abbraccia come se fossimo amanti. Roba che nemmeno il più consumato dei latin lovers. Se non che io ero talmente indispettito di non poter fare sacadas e ganci che non mi sono divertito per nulla. Ok Stefano, è ufficiale, sei un coglione.
Sono sempre più convinto che si possano trovare delle forti affinità fra alcuni aspetti dei alcune filosofie orientali -- il taoismo ed il buddhismo zen in particolare -- e alcuni aspetti del tango. Voglio dire: il buddhismo zen offre una chiave interpretativa ad alcuni meccanismi che si possono innescare in una danza come il tango, e da parte sua il tango sembra il banco di prova di alcuni assunti buddhisti. E allora, bevendo la mia bibita, ho provato ad analizzare i miei errori nella prospettiva dello zen.
Il principio del Tao è la spontaneità. Il principio del Tango è la spontaneità.
Il concetto di spontaneità è delicato, perché può dare adito ad un fraintendimento. Per ballare bene il tango è necessario studiarlo per anni, ballarlo per anni. Try, fail. Don't matter. Try again. Fail again. Fail better. Succede in molti ambiti, soprattutto negli ambiti artistici: bisogna studiare, provare e riprovare, talmente tanto che, ad un certo punto, non è più necessario pensare a quello che si fa. Quello che si fa viene, emerge, nella spontaneità.
Chi è nel tao compie le sue azioni senza arrovellarsi.
In fondo è il concetto di prima. Arrovellarsi è distante dalla spontaneità. Ma vale la pena sottolineare un'altro aspetto della spontaneità, diverso da quello emerso poc'anzi. È possibile che una persona intraprenda il percorso che gli permette di fare una cosa, inizialmente difficile, in maniera spontanea. Che ad un certo punto riesca a muoversi, ad agire, senza pensare. Ma basta, questo, per essere nella spontaneità? No, sostanzialmente no. Ci si può arrovellare per altri motivi, ci si può arrovellare se non si è nel qui ed ora di quello che si sta facendo, se si hanno delle aspettative, se non si riesce ad entrare nel flusso. Se non si è nel tao.
Dice Watts: fintanto che l'intelletto cosciente si sforzerà freneticamente di imprigionare il mondo nella sua rete di astrazioni e insisterà nel voler incatenare la vita e adattarla alle priprie rigide categorie, lo spirito del taoismo rimarrà incomprensibile. Non è forse vero anche per il tango? Quante volte si riesce a ballare senza categorizzare, senza essere distratti da altri pensieri?
Per essere nel tango senza arrovellarsi è necessario svuotare la mente, liberarla da tutto quello che non è qui ed ora.
Se la tua mente non è annebbiata da pensieri non necessari, questa è la migliore stagione della tua vita.
Wu-Men
Liberare la mente non è semplice; non lo è in un luogo di meditazione, tantomeno lo è in una milonga. Eppure liberare la mente è indispensabile per essere nel tao. Una delle finalità della meditazione è proprio quella di liberare la mente.
Nella meditazione da seduti ci si concentra su due cose: la postura del proprio corpo ed il respiro. Nella postura ci si concentra prevalentemente sulla colonna vertebrale, che deve essere allungata, la schiena diritta e morbida, le spalle rilassate. Nel concentrarsi sul respiro si può focalizzare la propria attenzione all'addome, che la respirazione dev'essere addominale, oppure nelle narici, soffermandosi sull'aria che entra ed esce. Concentrarsi sulle narici, ad occhi chiusi, ha un secondo vantaggio, in quanto si tende a far convergere gli occhi sul naso, e questo può facilitare una forma di 'induzione ipnotica'. Meditare non è affatto banale; la finalità è di svuotare la mente, ma naturalmente non è facile.
Il vantaggio di questo approccio è che, anche nel turbinio di una milonga, non possiamo fare a meno di resprare. Ascoltare il proprio respiro è un esercizio che può essere fatto ovunque: sull'autobus, in cucina, in fila alla posta, e naturalmente in una sala da ballo.
Durante i tangos in cui non si balla, seduti, è possibile abbassare lo sguardo, concentrarsi sul prorpio corpo, sulla colonna vertebrale, sul respiro. E lasciare che le onde del respiro si confondano con il flusso della musica.
Ma l'aspetto più affascinante di questa forma di meditazione nel tango è che a respiriare non siamo solo noi, ma anche la persona che balla con noi. Mi capita di accorgermi, a volte, che cambiando abbraccio, passando da un abbraccio aperto ad uno chiuso, la respirazione della donna può cambiare, diventare più profonda. Ascoltare il respiro dell'altra persona è uno splendido modo per essere nel qui ed ora, per liberare - almeno momentaneamente - la mente, per essere nel tao.
La postura è lo stato mentale corretto
Lo stato mentale che ha luogo nel momento in cui si siede nella postura corretta è, di per se, una forma di illuminazione. La postura non è un mezzo per ottenere lo stato mentale corretto. La postura è lo stato mentale corretto.
Shunru Suzuki Roshi, citato in Jon Kabat-Zinn
Afferma Jon Kabat-Zinn che, nella meditazione seduta, il primo aspetto su cui focalizzarci è la postura: ci si deve sedere in modo tale che il proprio corpo affermi, irradii, trasmetta un'attitudine di presenza, che si è impegnati a riconoscere e ad accettare tutto ciò che il momento presente ci porta: vuoti, aperti, recettivi; questa attitudine è espressa nella postura, la postura incarna l'attitudine.
Una postura che affermi, irradii, trasmetta un'attitudine di presenza; guardando su YouTube i video di Gavito è difficile non cogliere quest'aura, la sua presenza, il suo essere qui ed ora. Entrare nella rueda della milonga con questa attitudine non solo aiuta a liberare la mente, ma permette di assumere una postura migliore.
Osservate attentamente i vostri passi
Torei Zenji.
"La meditazione camminata consiste nell'assaporare il cammino: camminare non per arrivare, ma semplicemente per camminare. Il fine è quello di essere nel momento presente e, consapevole del nostro respiro e del nostro camminare, assaporare ogni passo. Per fare questo dobbiamo scrollarci di dosso ogni preoccupazione ed ansia, senza pensare al futuro, senza pensare al passato, semplicemente assaporando il momento presente. ... Se camminiamo in maniera mindless, in maniera non consapevole, imprimiamo un'impronta di ansietà e di dolore nella terra. Camminando in maniera consapevole imprimiamo sulla terra che calpestiamo un'impronta di pace e serenità. ... Cammina come se stessi baciando il mondo con i tuoi piedi."
Thich Nhat Hanh - peace is at every step
Mindfulness is in every step, sostiene Thich Nhat Hanh, monaco buddhista vietnamita. La consapevolezza si può celare in ogni passo, ogni passo può essere fatto in maniera consapevole; Thich Nhat Hanh parla dei passi che si compiono camminando, la meditazione camminata, ma la stessa cosa non può essere vera anche nel tango? Il tango è in ogni passo. La consapevolezza deve essere messa in ogni passo di tango. In ogni passo di tango si può trovare la via del tao.
It takes one to tango
It takes two to tango è un'espressione ideomatica dell'inglese (bisogna essere in due per ballare il tango), che sta ad indicare che ci sono attività che non possiamo fare da soli, come litigare, fare l'amore o ballare il tango.
Alcune importanti correnti dell'induismo (basate sull'advaita, che significa non duale), del buddhismo, del sufismo e del taoismo si basano però sul non-dualismo:
l'Atman (il Sé individuale) e il Brahman (la realtà trascendente) sono indivisibili come l'aria entro la brocca è identica e indivisibile dall'aria fuori della brocca.
(Mandukya Upanisad)
La non-dualità è centrale nello yoga, che significa unione ed è finalizzato al congiungimento del corpo, della mente e dell'anima con Paramatman, il sé supremo.
La non-dualità non si identifica con il monismo: non suppone che tutto sia uno, in quanto l'uno implica l'altro; non implica e non pretende di eliminare le differenze: le differenze rimangono presenti, così come differenti sono le onde del mare. Puoi vedere la onde come entità separate, ma che allo stesso tempo appartengono allo stesso mare.
La finalità del tango è in fondo la stessa, il cercare la non-dualità, quella unione che permette ai due ballerini di essere non-due
Sono passati due mesi da quella milonga a Zurigo. In queste settimane sono andato a ballare due o tre volte, ho continuato a praticare yoga, ma il tao del Tango non l'ho ancora trovato. Non mi resta che insistere.
Sii in pace con l'unità delle cose, e ogni errore sparirà da se.
Più ci pensi, più lontano sei dalla verità.
Discostati da ogni pensiero, e non ci sarà luogo dove non potrai andare.
Non aggrapparti alla ricerca della verità, semplicemente abbandona le tue opinioni.
In un momento sei libero, e nulla rimane da fare.
Se vuoi descriverne l'essenza, il meglio che puoi dire è "non-due".
Nel "non-due" nulla è separato, nulla al mondo è escluso.
Non c'è guadagno né perdita; un istante è diecimila anni.
Non c'è qui, né altrove; l'infinito è giusto davanti ai tuoi occhi.
Il sottile è largo come la vastità quando i confini oggettivi sono svaniti;
la vastità è piccola come il sottile se non hai limiti esterni.
Uno è tutto, tutti sono uno. Quando comprendi questo, a che scopo santità o saggezza?
Seng T'san, il terzo patriarca Zen