Se siamo quello che siamo, lo dobbiamo anche ai modelli che abbiamo avuto. Non credo di avertelo mai detto, ma se sono quello che sono lo devo, in parte, anche a te. Non credo di avertelo mai detto, ma probabilmente tu l'hai capito prima di me.
Sei stato un esempio importante. Hai seguito le tue passioni, sei diventato maestro, e lavorando come insegnante sei riuscito a laurearti in un'epoca in cui a laurearsi erano davvero in pochi, e quasi solo i benestanti.
Tuo padre amava prenderti in giro: pu che i studia, pu stupidi i deventa. E come dargli torto? Tua madre era orgogliosa dei suoi figli, e del fatto che ti fossi laureato, fossi diventato professore, e fossi diventato sindaco. E come darle torto?
Come sindaco, hai segnato un'epoca della Vallarsa. Come docente, hai formato generazioni di studenti, con competenza, entusiasmo ed umanità. Solo pochi giorni fa, quando dissi che mi chiamo Bussolon, una persona mi chiese se fossi parente del professor Remo.
Ammiravo la tua passione per la storia. L'estate scorsa, parlando di un fiume del centro Italia, tu ricordasti un episodio della seconda guerra mondiale, e improvvisasti una lezione magistrale sulla battaglia di Monte Cassino.
E quando hai smesso di insegnare la Storia, con la S maiuscola, hai incominciato a scrivere le storie, le ciacere, le sgalmere, aneddoti di una piccola comunità appena uscita da una tragedia ed in procinto di affrontarne un'altra.
Hai tramandato alla memoria collettiva un mondo che è scomparso, e valori che ancora definiscono l'identità della nostra comunità.
Tu, mio padre e zio Tullio, così diversi l'uno dall'altro, siete stati un esempio di fratellanza. Indipendenti, ma presenti, nel bisogno e nella gioia. L'ultima volta che hai litigato con mio padre era per colpa di Francesco Moser, al giro d'Italia del 1986. Solo due settimane fa abbiamo festeggiato, tutti assieme, il compleanno della mia mamma. Ed è il tuo entusiasmo di quel giorno, l'ultima immagine che voglio conservare di te.
Un modello, un testimone, una memoria: è difficile immaginare un modo più nobile, e più umano, per lasciare una traccia nel ricordo di chi resta.