Nei giorni scorsi stavo leggendo "Il deserto dei Tartari", di Dino Buzzati. Stavo perché l'ho interrotto a tre quarti. Bello, ma mi trasmetteva una angoscia esistenziale che mi ha indotto a passare ad altro. Per chi non lo avesse letto, parla di un giovane ufficiale che viene comandato alla fortezza Bastiani, un luogo isolato dove non succede nulla.
Parte dell'angoscia è legata al fatto che è come se, negli ultimi due anni, tutto il mondo fosse finito in una fortezza Bastiani globale. Ma il tenente Drogo, il protagonista del romanzo, ha comunque continuato ad interrogarmi, nonostante io abbia interrotto la lettura.

E sono giunto a due riflessioni.
La prima: agli occhi del tenente, tutti quelli che sono rimasti "in città" stanno conducendo una vita piena, intensa, appagante. Solo chi è di servizio alla fortezza è ineluttabilmente condannato ad una vita sospesa. Ma è davvero così? La seconda riflessione: cosa avrei fatto, io, al posto di Drogo? Sicuramente già al primo giorno di servizio mi sarei portato tanti libri quanti il mio bagaglio mi avrebbe permesso di trasportare. Avrei speso buona parte dello stipendio per farmi arrivare altri libri, e magari avrei organizzato una biblioteca della fortezza. Avrei continuato, tenacemente, a mantenere una corrispondenza con il resto del mondo. Avrei esplorato il territorio circostante, avrei cercato di imparare, di crescere, di allargare i miei orizzonti.
Avrei cercato di fare tutto quello che poteva rendere meno vuota la mia esistenza e meno ineluttabile il mio destino. La fortezza Bastiani è il luogo dove le opportunità si restringono drammaticamente. Non ci sono se non le cerchi in maniera ossessiva. Ma anche se vivi "in città", là dove ci sono, sono inutili se non le cogli. In questi due "anni Bastiani" innumerevoli opportunità sono andate perdute, ma se ne sono create altre. Perché, scriveva Marco Aurelio, l'ostacolo è la via.

L'auspicio per l'anno nuovo è di trovare la via dove sembra esserci solo una fortezza inespugnabile a sbarrarci la strada.

Buon solstizio

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