Fino a pochi mesi fa, io associavo il termine lean esclusivamente ai libri e ai post dedicati a lean startup e lean UX, ed ero convinto che lean fosse un modo di intendere l'approccio agile:
Lean UX is an umbrella term for all of these approaches that work well in an Agile context
Josh Seiden
Questo bias mi ha per molto tempo impedito di accorgermi che il concetto di lean ha una tradizione molto più lunga ed articolata, che ha origine nell'approccio di Toyota alla produzione industriale.
Il Toyota Production System
Il lean manufactoring è una metodologia di produzione industriale. Il termine fu introdotto da John Krafcik nel 1988, per descrivere il Toyota Production System, un approccio organizzativo finalizzato ad aumentare il valore e ridurre gli sprechi. Le origini dell'approccio risalgono agli anni '10 del novecento con il Fordismo ed il Taylorismo. La prima implementazione del metodo lean in Toyota risale agli anni trenta con l'adozione del princìpio kaizen (miglioramento continuo). Dopo la guerra la strategia fu estesa e migliorata, e furono adottati alcuni princìpi che costituiscono il nucleo del sistema produttivo lean.
Nella mia ricerca alle origini del lean ho scoperto che, secondo Dolinsky (2010), il primo stabilimento che adottò un processo di produzione moderno, sistematico ed industriale fu l'Arsenale di Venezia, che già nel XIV secolo aveva adottato strategie di produzione che permettevano a Venezia una produzione navale impressionante.
links
Inventory Management History Part Three
Venetian Arsenal - Wikipedia
Lean manufacturing - Wikipedia
A Brief History of Lean
I princìpi lean
Liker (), nel definire un elenco di princìpi lean, distingue quattro aree: la cultura aziendale, il processo, l'organizzazione e l'apprendimento. L'approccio lean è una cultura che per funzionare deve vedere coinvolte tutte le persone a tutti i livelli dell'organizzazione, e possibilmente anche i partner esterni.
"people doing the work are best suited to create solutions"
È fondamentale creare una organizzazione basata sull'apprendimento e sul miglioramento continuo, focalizzata sugli scopi a lungo termine. Le decisioni vanno attentamente ponderate, e poi applicate con determinazione.
Il processo è al centro dell'approccio:
"The right process will produce the right results"
L'ottimizzazione del processo è finalizzata ad implementare un flusso di lavoro fluido, alla standardizzazione delle soluzioni che funzionano, all'attenzione ossessiva alla risoluzione dei problemi ("stop to fix problems": chiunque può fermare la produzione se diagnostica un problema che va affrontato), alla correzione degli errori, all'eliminazione degli sprechi. Viene perorata l'adozione di tecnologie che siano affidabili e l'utilizzo di strumenti di rappresentazione e comunicazione visivi (visual control).
Womack et. al. (1997) hanno identificato 5 princìpi finalizzati a creare valore e ridurre gli sprechi:
- focalizzarsi su quello che i clienti considerano di valore
- identificare un processo capace di creare valore e minimizzare gli sprechi
- adottare di strategie finalizzate a rendere il processo il più fluido possibile
- regolare la produzione in base alle richieste
- perfezionare, per quanto possibile, il processo, cercando di minimizzare il numero di passaggi, il tempo, le informazioni necessarie per arrivare a soddisfare il cliente.
Gli stessi autori hanno identificato tre dimensioni della lean transformation:
- le finalità (why): i bisogni e gli scopi dei clienti
- il processo (how): identificare il flusso di valore, valutare che ogni passaggio crei valore in maniera efficace, adeguata, consistente e flessibile, e che tutti i passaggi contribuiscano a garantire un processo fluido e capace di adattarsi alle esigenze e alle richieste della produzione;
- le persone (who): identificare le persone responsabili del flusso di valore, della valutazione dei passaggi, della loro coerenza con gli scopi di business e con la cultura lean; identificare modalità di ingaggio delle persone, ed abilitarle a lavorare al processo per correggerlo e miglioararlo.
Gli sprechi
Il concetto di spreco (muda, waste) è centrale nell'approccio lean. I due obiettivi del metodo Toyota sono di creare valore per il cliente e minimizzare gli sprechi. Nel contesto della produzione industriale, il Toyota System identifica 7 tipologie di sprechi: sovraproduzione (produre molto più di quanto serve), difetti (errori, necessità di riprendere in mano un prodotto), inventario (avere molte più scorte di materie prime o di prodotti finiti di quanto necessario), sovraprocessamento (overprocessing: fare più di quanto sarebbe necessario), trasporto (movimenti di cose o beni non ottimali o non necessari), attesa (spreco di tempo), movimento (movimenti o spostamenti di persone non necessari).
Gli sprechi nei servizi
Il Toyota System è stato implementato anche in numerose attività di produzione di servizi. In questo ambito sono stati identificati degli sprechi specifici per la produzione di servizi:
- ritardi: dover aspettare informazioni, attrezzatura, materiali o persone; questo causa ritardi nel processo;
- duplicazioni: azioni che vengono ripetute più di quanto non sia necessario;
- processamento: sovraprocessamento (fare cose che contribuiscono solo marginalmente alla creazione di valore per i clienti) e sottoprocessamento (under-processing: non fare tutto quello che è necessario per offrire un servizio di qualità);
- movimenti non necessari: sia quando è il personale che deve muoversi in maniera non efficiente, sia soprattutto se si chiede al cliente di spostarsi senza ragione fra diversi touch point;
- comunicazioni non chiare: anche in questo caso sia backend, fra i membri dello staff, che frontend fra il fornitore di servizi/personale e i clienti;
- errori: quando il servizio non è quello che il cliente si aspettava, o quando le informazioni date sono sbagliate;
- spreco delle competenze delle persone: il potenziale, la conoscenza, le abilità delle persone sono sotto utilizzate; questo non solo è un grave spreco, ma può portare le persone ad insoddisfazione, perdita di entusiasmo, turnover;
- perdita di opportunità: accade ogniqualvolta, per una qualche ragione, l'organizzazione non riesce a servire il cliente in modo soddisfacente.
Toyota, lean startup/lean ux: diversi obiettivi
Nel confrontare il concetto di lean mutuato dal Toyota System con quello della letteratura lean startup / lean ux, mi sono reso conto che gli obiettivi erano differenti. L'idea del lean startup è quella di accorciare i tempi di design: creare un MVP, testarlo su strada, modificarlo, farlo evolvere e così via. Il processo Toyota, al contrario, è finalizzato ad ottimizzare il processo di produzione industriale. Da una parte il focus è sulla progettazione del prodotto, dall'altra sulla produzione.
Confesso di avere una opinione non del tutto positiva rispetto alla lean startup. Non amo molto l'approccio agile: lo considero utile nella fase di prototipazone-test-svilupo, ma non nelle fasi di esplorazione, ricerca e sintesi dell'ux design. Da questo punto di vista, ho visto l'dea di lean ux come un tentativo di sviluppare una versione di agile più ux friendly.
Considero la metodologia lean startup come una tattica legittima ed utile quando si tratta di realizzare un'idea completamente innovativa - un modo per fare ricerca partendo da un prototipo di soluzione. Vedo in questo approccio però un limite: fare ricerca partendo da un prototipo rischia di focalizzare ricercatori e potenziali utenti più sulla soluzione che sul problema, in un approccio fin troppo concreto che limita la possibilità di esplorare il problema e le possibili soluzioni ad un livello più astratto.
L'impatto sull'esperienza degli utenti
Il Toyota lean, soprattutto nella versione applicata ai servizi, può avere un impatto molto positivo sull'esperienza complessiva dei clienti finali. Ma, sebbene uno dei due obiettivi del metodo Toyota sia quello di creare valore per i clienti, il focus è quasi esclusivamente sul processo di produzione.
Lo scopo dell'ux design è quello di progettare servizi (digitali, ma non solo) capaci di offrire la migliore esperienza possibile agli utenti. E, nel fare questo, il focus del nostro lavoro dovrebbe essere quello di eliminare - o minimizzare - un diverso tipo di sprechi.
Sprecare le risorse degli utenti è il peccato mortale dell'UX
Ogni volta che una persona usa un prodotto o un servizio, sta investendo delle risorse: a volte investe soldi e tecnologia, ma sempre investe tempo, sforzo cognitivo, attenzione, motivazioni ed emozioni.
Lo scopo ultimo dell'ux design è di massimizzare l'utilità per gli utenti, minimizzando l'utilizzo delle loro risorse materiali ed immateriali. Dunque lean, nella user experience, dovrebbe significare proprio questo: offrire strumenti che contribuiscono a creare valore, facendo un uso parsimonioso delle loro risorse.
Gli sprechi delle risorse delle persone
In linea con le liste di sprechi nella produzione di beni e nella produzione di servizi, provo a definire una breve lista di sprechi delle risorse delle persone:
- tempo - in realtà se ne parla anche negli sprechi di servizi - tutti i flussi che costringono gli utenti a perdere tempo sono uno spreco che l'ux design deve minimizzare
- risorse cognitive: è la logica del "don't make me think"; è fondamentale ponderare il carico attentivo, mnestico e cognitivo dei compiti che l'utente è chiamato a svolgere; la regola è quella di spostare parte del carico di lavoro sull'artefatto, e cercare di rappresentare il compito in modo che sia il più naturale possibile per l'utente;
- risorse motivazionali ed emotive: è necessario evitare di demotivare le persone o di innescare emozioni negative, che costituiscono un costo esperienziale;
- risorse materiali degli utenti, che non dovrebbero essere sprecate
Le 5S dell'esperienza digitale
5S è uno dei metodi più citati nella letteratura lean. 5S si riferisce a cinque parole giapponesi (Seiri, Seiton, Seiso, Seiketsu and Shitsuke) che nella letteratura inglese sono tradotte in sort, systematize, shine, standardize and sustain. Le 5S nascono nella fabbrica, ma possono essere traslate per i nostri scopi.
- Seiri: analizzare tutti gli elementi dell'ambiente, e decidere cosa è necessario, cosa è utile nel creare valore, e mantenere solo ciò che è essenziale; nello spazio digitale significa mantenere solo quegli elementi che sono utili allo scopo e all'interazione di quel momento.
- Seiton: è l'idea di sistematizzare, di disporre gli strumenti nel modo più appropriato per favorire un flusso di lavoro fluido. Nello spazio digitale, significa focalizzarsi sulla macro e sulla micro architettura dell'informazione.
- Seiso: mantenere lo spazio di lavoro pulito. L'equivalente digitale può essere una grafica pulita ma elegante ed attraente.
- Seiketsu: il principio di standardizzazione del processo; nei servizi digitali, significa da una parte adottare gli standard e la consistenza esterna, dall'altra quella di sviluppare ed applicare delle linee guida ed un design system;
- Shitsuke: in inglese viene tradotto con sustain, si riferisce alla necessità di continuare a mantenere alti gli standard; questo è, spesso, un punto dolente nell'ux: il prodotto viene progettato, sviluppato, rilasciato, ma non vengono previste delle fasi di aggiornamento dell'interfaccia.
Conclusioni
Il Toyota System nasce e si sviluppa in un contesto che non potrebbe essere più lontano di quello delle interfacce digitali. Ciononostante, a me pare che i princìpi siano estremamente in risonanza con la mia visione di UX: rispondere ai bisogni e agli scopi delle persone generando valore e conoscenza e minimizzare i costi. La lotta agli sprechi è l'ossessione del lean sia a livello di produzione di beni che di servizi, e deve esserlo anche nell'UX design: evitare di sprecare il tempo, l'attenzione, la cognizione, le motivazioni e naturalmente le risorse delle persone.