In questi anni di lavoro, studio ed insegnamento ho sviluppato un approccio al design a cui recentemente ho dato il nome di grounded UX design, e che si basa su una serie di principi, su un processo e su un insieme di metodi. Al metodo è dedicato un corso online di 14+6 ore che partirà il 18 novembre: Grounded design: progettazione partecipativa di servizi
Una delle difficoltà che ho incontrato in questi mesi è stata quella di trovare un modo per comunicare in maniera efficace i punti di forza dell'approccio. Una possibilità è di applicarlo ad un progetto, e qualche giorno fa mi si è accesa una lampadina: provare ad usare grounded UX nell'immaginare azioni di contrasto alla pandemia.
Questo post è composto da tre parti:
- progettare la lotta alla pandemia: una traccia del processo, dei metodi e dei documenti; la traccia è una bozza, frutto di poche ore di lavoro, con l'unica velleità di raccontare l'approccio
- un approfondimento sulla necessità di partire da dati quantitativi validi
- una introduzione al grounded UX design
Vorrei ringraziare Michela Ferron, Nicola de Franceschi, Massimo Curatella, Matteo Gratton e Cinzia Marsili per i loro preziosi feedback.
Progettare la lotta alla pandemia
Il processo
Il grounded UX prevede un processo in 6 fasi: esplorazione, ricerca, sintesi, progettazione, test, implementazione.
Nella fase di esplorazione si delinea la strategia del progetto, si analizzano i concorrenti, il prodotto o il servizio esistente, e si raccoglie tutto il materiale utile a definire il dominio, i requisiti, i vincoli.
Nella fase di ricerca vengono coinvolti gli utenti e gli esperti di dominio, al fine di far emergere le motivazioni dei primi (scopi, bisogni, valori, attitudini) e le conoscenze di dominio di entrambi.
Nella fase di sintesi vengono prodotti dei documenti finalizzati a sistematizzare i dati raccolti: personaggi, scenari, experience map/journey, ontologie, tassonomie.
Nella fase di progettazione si identificano delle soluzioni al problema, e si creano dei prototipi, che nella fase di test vengono testati e, iterativamente, riprogettati. Infine le soluzioni vengono implementate.
Nella bozza che sto condividendo ho posto particolare enfasi sugli aspetti di esplorazione, ricerca e sintesi, mentre non ho ragionato su come testare ed implementare le soluzioni.
L'esplorazione
Vista la specificità della sfida, una parte importante della fase di esplorazione dovrebbe essere dedicata alla ricerca ed analisi di dati statisticamente validi. La raccolta di questi dati esula dal perimetro del progetto, ma la definizione di che tipo di conoscenza sia necessaria è utile per impostare le fasi di ricerca, sintesi e progettazione.
Definire e scomporre il problema
Definire e scomporre il problema fa parte della definizione della strategia.
Se proviamo a definire il problema, potremmo sintetizzarlo così:
c'è una epidemia mondiale in corso, come possiamo affrontarla minimizzando i costi degli interventi?
Per affrontare un problema così complesso è necessario dividerlo in parti che possano essere affrontate in maniera empirica. Le parti che ho identificato sono:
- diminuire la diffusione del virus
- proteggere le fasce di popolazione più a rischio
- migliorare le cure per diminuire la letalità e le conseguenze a breve, medio e lungo termine sui pazienti
- alleggerire i sistemi sanitari
- minimizzare gli effetti negativi degli interventi, e possibilmente incentivare processi di trasformazione virtuosi
Comprendere i problemi
Prima di immaginare delle possibili soluzioni, è necessaria una profonda comprensione dei problemi che si vogliono affrontare, che si basi su dati scientifici solidi (che spesso purtroppo mancano). In un problema come questo, dunque, una parte preponderante dell'esplorazione consiste nel raccogliere e sistematizzare la conoscenza necessaria. Possiamo identificare tre fonti: le ricerche pubblicate sui giornali scientifici, le linee guida definite dagli organi internazionali (WHO, CDC americano, ECDC europeo, istituto superiore di sanità), e dati quantitativi statisticamente validi relativi al territorio per il quale stiamo progettando.
Diminuire la diffusione
Per identificare delle soluzioni è necessario avere un quadro dei dati scientifici a disposizione:
- Come avviene la diffusione? (via aerea, aerosol, attraverso gli oggetti, luoghi chiusi versus luoghi aperti, efficacia dell'areazione, della distanza, delle mascherine, dell'igiene delle mani)
- Tempi di incubazione, percentuale di asintomatici, contagiosità nel decorso dal momento del contagio allo sviluppo di eventuali sintomi
- Le dinamiche epidemiologiche: come i tempi di incubazione e decorso ci permettono di prevedere nel tempo l'andamento dei positivi, dei sintomatici, dei ricoverati e dei decessi; comprendere i meccanismi del tasso di diffusione (R0, Rt)
Diminuire la letalità e le conseguenze negative
- Comprendere le possibili conseguenze a breve e a lungo termine della patologia; ad esempio a carico del sistema respiratorio, apparato cardiaco, apparato neurologico e così via
- Identificare le terapie e le cure più efficaci, attraverso la ricerca sperimentale
Soggetti più a rischio
Comprendere quali comorbidità / patologie pregresse aumentano il rischio; comprendere inoltre quali fattori socioeconomici e di salute personale aumentano (o diminuiscono) la probabilità di sviluppare sintomi, di dover essere ricoverati, e la mortalità.
Clusterizzare diffusori e soggetti a rischio
In base alle analisi precedenti, è necessario suddividere la popolazione in base a due dimensioni:
- probabilità che costituiscano dei diffusori
- persone a rischio di conseguenze gravi o letali
Una terza dimensione di cui si dovrà tener conto sono le categorie di persone più a rischio dal punto di vista economico (ad esempio le persone che non possono lavorare a causa delle restrizioni), sociale (ad esempio le persone a rischio isolamento) e sanitario (le persone con altre patologie che vedono ridotte le possibilità di cura).
Identificare i comportamenti e i contesti a rischio
I comportamenti e i contesti più a rischio possono emergere da un lato da quello che sappiamo in merito alle dinamiche di diffusione del virus, dall'altra da studi epidemiologici, con dati raccolti preferibilmente - ma non necessariamente - sui territori per i quali stiamo progettando.
Analisi competitiva
In questo progetto l'analisi competitiva (il benchmark) potrebbe concentrarsi sulle misure adottate dagli altri paesi. Tenuto conto che la pandemia è globale, il confronto potrebbe essere estremamente interessante. Per certi aspetti, nel contesto italiano può essere utile confrontare anche gli approcci delle varie regioni.
Per quanto riguarda gli altri paesi, credo che sarebbe necessario analizzare con particolare attenzione quei paesi che meglio hanno affrontato il problema: Nuova Zelanda, Singapore, Australia, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud. E naturalmente i paesi Europei.
La ricerca
La fase di ricerca coinvolge i cittadini e gli esperti di dominio. L'identificazione della tipologia di cittadini su cui focalizzarsi dovrebbe basarsi sulle dimensioni identificate nella clusterizzazione delle 3 dimensioni: potenziali diffusori, soggetti più a rischio dal punto di vista sanitario e persone più a rischio dalle conseguenze indirette, dal punto di vista economico, sociale e sanitario.
Viste le circostanze probabilmente gli strumenti più facilmente utilizzabili sono le interviste a distanza e, quando utili, i questionari, mentre più complicato è l'utilizzo di osservazioni contestuali. Una possibile alternativa è l'uso di diari (diary study).
Questionari
Uno strumento che potrebbe essere molto utile è la somministrazione di questionari a campioni di cittadini appartenenti a differenti categorie: persone negative e che non sono entrate in contatto con persone positive, persone che sono entrate in contatto ma negative, persone positive.
Elicitazione di scenari
Definire gli scenari di contagio, tracciamento, test, diagnosi, terapia e decorso. Nel corso delle interviste sarebbe dunque opportuno ricorrere alle tecniche di elicitazione di scenari: "mi racconti come è andata ..."
Le motivazioni
Parte dei comportamenti a rischio sono legate ad attività estrinsecamente motivate (andare al lavoro, a scuola, dal medico, a fare la spesa). Altri comportamenti sono motivati intrinsecamente, e dunque finalizzati a soddisfare un bisogno. Far emergere gli scopi ed i bisogni delle persone che appartengono alle varie categorie è un passaggio necessario per identificare delle attività capaci di soddisfare le motivazioni ma riducendo i rischi.
I modelli concettuali
Dall'analisi delle interviste e della netnografia possiamo far emergere e mappare i modelli concettuali di cittadini ed esperti di dominio.
La sintesi
Nella fase di sintesi il materiale raccolto viene sistematizzato in una serie di documenti: personaggi, scenari, journey, modello concettuale, tassonomie. La struttura dei documenti che delineo in questa bozza si basa sulle mie assunzioni, e andrebbe rivista in base a quello che emerge dalla letteratura e dalla ricerca qualitativa.
Personaggi
I personaggi andrebbero definiti in base alle dimensioni che abbiamo identificato:
- possibili diffusori
- persone a rischio
- operatori sanitari
- persone che subiscono l'impatto delle restrizioni
- studenti - e genitori in caso di didattica a distanza
- lavoratori che possono praticare il telelavoro versus coloro per cui non è possibile
- professionisti/partite IVA / PMI versus dipendenti privati versus lavoratori pubblici
Scenari
Anche in questo caso la traccia andrebbe ridefinita in base ai risultati dello studio della letteratura e della ricerca qualitativa. Possibili tipologie di scenari:
- scenari di contagio (devono basarsi su dati affidabili)
- particolare attenzione agli hub di contagio
- scenari di persone entrate in contatto con persone contagiate
- scenari di persone positive al covid
- asintomatiche
- sintomatiche con decorso a casa
- sintomatiche con ricovero in struttura sanitaria
Attività e journey
La logica è per molti versi sovrapponibile a quella degli scenari.
- i journey dei possibili diffusori
- andare a scuola
- andare al lavoro
- andare a fare acquisti o commissioni
- trascorrere tempo libero con gli altri
- entrare in contatto con strutture sanitarie per patologie non covid
- vivere nelle case di riposo
- i journey delle persone entrate in contatto con il virus
- persone entrate in contatto con persone positive
- persone positive
- asintomatiche
- sintomatiche con decorso domiciliare
- sintomatiche con ricovero (ed eventuale terapia intensiva)
Concettualizzazione
Quali sono i concetti utilizzati dagli esperti e dai cittadini per spiegarsi e per raccontare la pandemia? Un possibile elenco:
- virus
- contagio?
- terapie/cure
- terapie farmacologiche
- terapie non farmacologiche
- vaccini
- persone: identificare i ruoli
- positivo asintomatico ma contagioso
- positivo sintomatico
- positivo sintomatico grave
- personale sanitario
- medici di famiglia
- personale ospedaliero
- personale per le cure domiciliari
- operatori economici
- dipendenti
- professionisti, PMI
- attività produttive (essenziali versus non essenziali, che (non) possono essere svolte a distanza, impatto economico, impatto sociale)
Progettare le soluzioni
Le soluzioni vanno identificate in base agli obiettivi che abbiamo definito in fase di strategia: diminuire la diffusione del virus, migliorare le cure, proteggere le fasce deboli, alleggerire il sistema sanitario, minimizzare gli effetti negativi, incentivare processi di trasformazione virtuosi.
Per quanto sia necessaria una visione di insieme (sistemica) ognuno di questi aspetti andrà affrontato con dei progetti a se stanti, con delle fasi di esplorazione, ricerca e sintesi specifiche per ogni obiettivo e per ogni possibile soluzione.
Per identificare le soluzioni è sempre utile capire cosa stabiliscono le linee guida più accreditate (WHO, CDC, ECDC, ISS), e se vi sono esempi interessanti implementati dai paesi più virtuosi. Questo approccio dovrebbe valere per tutti gli obiettivi.
Limitare i contagi
Per centrare questo ed altri obiettivi è necessario, a mio avviso, non limitarsi a bloccare delle attività ma immaginare attività alternative, ed il processo di design dovrebbe focalizzarsi soprattutto sul secondo aspetto.
Dunque la sfida è di fare il possibile non solo per bloccare gli scenari di diffusione, ma anche per permettere alle persone di soddisfare scopi e bisogni in contesti meno rischiosi dal punto di vista del contagio.
Tracciare i contagi
In Italia l'uso della tecnologia (Immuni) non ha portato i risultati sperati. Anche in questo caso, vi sono esempi virtuosi che è possibile adottare? Vi è letteratura in merito? È possibile immaginare un sistema in cui meccanismi automatici (Immuni) si integrano con l'attività di operatori e cittadini? È possibile un maggiore coinvolgimento dei cittadini interessati? Quali rischi per la privacy, per l'abuso di tali strumenti?
Aumentare le possibilità di cura domiciliare
Uno degli obiettivi che abbiamo definito è di alleggerire le strutture sanitarie. Una delle possibilità è di permettere alle persone sintomatiche di essere monitorate e curate a casa. Vi sono modelli di telemedicina che possono essere applicati?
Identificare delle alternative per le attività produttive non essenziali
A titolo di esempio: e-commerce, consegne a domicilio, spostare outdoor alcune attività, incentivare e rendere più efficace il telelavoro e la tele-didattica.
Salvaguardare il benessere delle persone
Non soltanto minimizzare il rischio di contagio, ma monitorare e progettare delle azioni capaci di salvaguardare le fasce più deboli o più colpite dagli effetti collaterali delle misure di distanziamento:
- le persone a rischio se isolate
- i telelavoratori
- gli studenti nella didattica a distanza
Vorrei sottolineare ancora una volta che questa è una bozza, la cui finalità è quella di mostrare come un approccio al design potrebbe affrontare un problema estremamente complesso. Ma nonostante il livello di complessità sia non paragonabile a quello dei progetti che siamo generalmente abituati a gestire, sappiamo fin troppo bene che, al momento del kick off, il quadro di ogni progetto è sempre piuttosto confuso. Fa parte del gioco, e l'esplorazione, la ricerca e la sintesi sono finalizzate proprio ad esplorare, chiarire e sistematizzare il problema a cui cerchiamo delle soluzioni.
Partire dai dati
Affrontare la pandemia è una sfida decisamente fuori scala, con una complessità non paragonabile ai tipici problemi di design. Uno degli aspetti a mio avviso più peculiari è che, per poter progettare degli interventi, è necessario conoscerne l'efficacia e l'impatto (gli effetti collaterali negativi, ad esempio sull'economia). E, per conoscere l'efficacia, è necessario avere dei dati quantitativi il più possibile solidi, validi, scientificamente fondati.
La ricerca quantitativa è generalmente poco utilizzata nei progetti UX o di service design; spesso si usano metodi (tipicamente, i questionari a domanda chiusa) che generano dati quantitativi, ma senza adottare le precauzioni necessarie per garantire la validità di quei dati.
Un excursus approfondito sull'analisi dei dati quantitativi sarebbe fuori tema, ma mi preme accennare ad alcuni princìpi. Per fare ricerca quantitativa è necessario partire da un campionamento statisticamente valido, identificare un disegno di ricerca (demografico, epidemiologico, sperimentale), adottare delle strategie per minimizzare l'errore di misura nella raccolta dei dati, fare analisi di tipo descrittivo, inferenziale uni e multivariata ed esplorativa. È necessario da una parte tutelare la privacy dei partecipanti (soprattutto su argomenti così altamente sensibili), dall'altra utilizzare una politica di open-data, mettendo le informazioni a disposizione di tutti.
In questi mesi istituzioni e mezzi di informazione ci hanno inondato di dati, ma buona parte di questi non permettono di fare analisi inferenziali in quanto non rispettano alcuni dei presupposti necessari. Più in particolare non esiste in Italia, a quanto ne so, il tentativo di testare con i tamponi un campione statisticamente rappresentativo della popolazione. L'unico lavoro fatto in questo senso è stata la somministrazione di esami per verificare la presenza di anticorpi al covid19 su un ampio campione nazionale. Inoltre, non si sfrutta l'occasione della somministrazione dei tamponi per somministrare, ad esempio, dei questionari sulle abitudini di vita e su caratteristiche di tipo demografico e sanitario che ci aiuterebbero a comprendere alcuni aspetti sugli scenari di diffusione e sui rischi di sviluppare una sintomatologia grave.
Uno degli aspetti più preoccupanti è che - nella maggior parte delle regioni - è anche saltato il meccanismo di tracciamento. Anche in questo caso, sarebbe stato interessante tentare di fare un tracciamento esaustivo di almeno un campione delle persone risultate positive, di nuovo per comprendere alcune dinamiche.
Mancando questi dati, l'unica fonte autorevole è la letteratura scientifica internazionale, gli studi che si sono accumulati in questi mesi, con l'avvertenza che molti di questi - vista l'eccezionalità della situazione - sono stati pubblicati sebbene non rispondessero a tutti gli standard metodologici che sarebbero necessari.
Il Grounded design
Cos'è il grounded UX design? E perché grounded? Grounded perché l'aspetto centrale è la necessità di ancorare, di radicare la progettazione agli aspetti psicologici delle persone.
L'approccio pone l'enfasi su una serie di aspetti:
- il design è finalizzato a progettare degli strumenti e dei servizi che aiutino le persone a portare a termine le proprie attività;
- le persone giudicano l'utilizzo di questi strumenti e servizi attraverso delle valutazioni esperienziali e si focalizzano prevalentemente sull'attività complessiva: la valutazione di ciò che progettiamo viene vista nel contesto più ampio;
- per poter progettare strumenti efficaci, il design deve cercare di rispondere a 7 domande fondamentali: chi sono le persone che li utilizzeranno, per fare cosa, perché (per quale motivo), con quali mezzi, quando (in che arco temporale), dove (in quali luoghi fisici o non fisici), come (in che modo)
- per poter rispondere a queste domande, è necessario raccogliere i dati, attraverso l'esplorazione e la ricerca; sistematizzare i dati, nella fase di sintesi; progettare delle soluzioni, testarle, riprogettarle, ed infine implementarle, metterle in atto e monitorarne i risultati;
- l'aspetto informativo ha un'importanza fondamentale in molti dei prodotti e servizi che progettiamo, e pertanto merita particolare attenzione; il princìpio del grounded design è che l'informazione ha valore se riesce ad entrare in risonanza con la conoscenza degli utenti e se permette loro di aumentare l'efficacia delle loro attività, aiutandoli ad identificare i contesti, a fare delle scelte, a pianificare e mettere in pratica le azioni necessarie, a valutare i risultati e ad apprendere dalle esperienze;
- per poter progettare strumenti efficaci è necessario partire da delle solide basi psicologiche: le motivazioni, i processi cognitivi legati alla percezione, all'attenzione, alla memoria, gli aspetti emotivi, i processi decisionali, gli aspetti legati ai vari tipi di categorizzazione (tassonomica, tematica); inoltre, è necessario coinvolgere in maniera attiva un adeguato numero di utenti, nella fase di ricerca e di test e - in alcune circostanze - in quella di progettazione.
Lotta alla pandemia e psicologia
Il grounded design pone l'enfasi sulla necessità di una solida base psicologica. Nella lotta alla pandemia, quali aspetti cognitivi, emotivi, motivazionali e comportamentali entrano in gioco? Ne elenco alcuni, in ordine sparso, che andrebbero approfonditi:
- percezione del rischio, che andrebbe affrontato con delle tecniche di comunicazione del rischio e di gestione del rischio;
- comprensione del problema da parte dei cittadini, che andrebbe affrontato attraverso una comunicazione capace di rendere comprensibile la complessità e rendere esplicito quello che si sa e quello che non si sa;
- cambiamento dei comportamenti (behavioral change): una parte importante dell'efficacia delle misure si basa sulla aderenza (compliance) delle persone, che devono non solo essere convinte, ma anche aiutate a modificare i propri comportamenti;
- focus sui bisogni anche immateriali delle persone; le restrizioni hanno impedito di svolgere quelle attività che ci permettevano di soddisfare i bisogni di socialità, hanno limitato l'autonomia, hanno minato il bisogno di sicurezza; vanno identificati dei modi meno rischiosi di soddisfare i bisogni;
- identificazione delle attitudini delle persone; particolarmente rilevante ad esempio per quanto riguarda professionisti e PMI, che in questo decennio - ma anche in questi mesi - non hanno investito in quei processi di digitalizzazione che avrebbero permesso loro di affrontare meglio le restrizioni e che vanno aiutati nel processo di trasformazione ed innovazione digitale;
- problemi e difficoltà psicologiche legate alla tele-didattica e al telelavoro; in parte, soprattutto per le fasce deboli, il problema è anche tecnologico, ma un aspetto fondamentale della tele-didattica e del telelavoro è psicologico, e va affrontato;
- legato a tele-didattica e telelavoro è anche la creazione e condivisione della conoscenza, e andrebbero pensate delle modalità più adeguate.
Sviluppare l'idea
Come ho scritto ripetutamente, questa è solo una bozza. Personalmente, mi piacerebbe svilupparla, almeno in parte. Pertanto mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi. È un’idea buona solo ai fini didattici, o potrebbe valer la pena lavorarci? Se sì, come? Ha senso immaginare un meta-progetto open? Vi piacerebbe esserne in qualche modo partecipi? Scrivetemi rispondendo a questa e-mail, o via linkedin, facebook o whatsapp.