La UX fatta bene ha un costo, e ha un impatto sul processo decisionale: sviluppare un prodotto o un servizio centrato sugli utenti significa delegare agli UX il potere di decidere cosa e come sviluppare. Questi costi, e questo potere, sono giustificabili? A mio avviso sì, in quanto la UX (fatta bene) ha un valore sia etico che strategico. Sulla dimensione etica ti rimando al post "il giuramento di Aristotele", e mi concentrerò sull'aspetto strategico. In questo post darò una mia definizione di strategia e racconterò cosa può succedere se non ci si concentra sui bisogni delle persone.
La strategia
Cosa si intende per strategia? In rete si possono trovare numerose definizioni. Ne riporto alcune
- An organization’s unique way of sustainable value creation
- Strategy is a process, a constant adaptation to the shifting conditions and circumstances in a world where chance, uncertainty, and ambiguity dominate.
- Strategy is the practical adaptation of the means placed at a general’s disposal to the attainment of the object in War. -- von Moltke
- Grand strategy is the “calculated relationship of means to large ends.”
- Strategy is everything required to reach the best results
Fonti: Forbes - Modern War Institute - Strategy.net
La strategia di una organizzazione ne orienta il comportamento.
Strategia e biologia
Le organizzazioni umane hanno alcune caratteristiche in comune con gli esseri viventi. E dunque possiamo fare un parallelo fra un essere vivente e una organizzazione. Sono entrambe delle strutture teleonomiche, ovvero hanno un fine ultimo. Per gli esseri viventi il fine ultimo è sopravvivere e riprodursi. Per le organizzazioni è di contribuire a soddisfare i bisogni delle persone e di altre organizzazioni coinvolte (gli stakeholder), e a loro volta di sopravvivere.
Risorse materiali e immateriali
Per sopravvivere e riprodursi gli esseri viventi hanno bisogno di risorse materiali e immateriali.
Fra le risorse immateriali, la conoscenza necessaria per procurarsi le risorse e per investirle in attività capaci di generare valore. Una attività genera valore se contribuisce ad ottenere uno degli scopi primari (sopravvivere o riprodursi) o secondari (accumulare risorse).
Per un essere vivente è strategico adottare quei comportamenti che contribuiscono ad accumulare e conservare risorse e garantire la soppravvivenza e la riproduzione.
La mia definizione di strategia
In base a queste considerazioni, possiamo formulare la seguente definizione di strategia.
Strategia è l'insieme di conoscenze, intenzioni e attività necessarie per scegliere, assumere le decisioni, pianificare le azioni, identificare e investire le risorse, implementare le azioni, analizzare l'andamento, monitorare gli ostacoli, le sfide, gli imprevisti, i cambiamenti, le opportunità e adattare i piani, al fine di accumulare risorse, di soddisfare i bisogni degli stakeholder e di sopravvivere.
Buone e cattive strategie.
Secondo Richard Rumelt una buona strategia deve tener conto delle opportunità che il contesto presenta, degli ostacoli e delle sfide da affrontare per ottenere i risultati sperati e dei cambiamenti che hanno luogo nel corso del processo.
Lo stesso autore identifica anche i sintomi di una cattiva strategia:
- strategia fuffa: quei documenti di intenti finalizzati a fare pubbliche relazioni ma sostanzialmente vuoti
- non scegliere - non rinunciare a nulla
- non essere sufficientemente specifici ma limitarsi ad una lista dei desideri
- non spiegare il come
- non identificare gli ostacoli
- non identificare i rischi
- non identificare le risorse necessarie
- non avere una mappa - non avere un quadro affidabile del contesto, interno ed esterno
I valori
Le organizzazioni spesso definiscono anche una serie di valori che dichiarano di seguire, e anche in questo caso vi è una somiglianza fra organizzazioni e persone: anche le persone hanno valori.
Vi sono due tipi di valori: cosa è importante perseguire e come è importante farlo. Spesso i valori ci dicono (anche) cosa non fare.
A cosa servono i valori? La questione è decisamente complessa, ma semplificando tanto potremmo dire che i valori sono utili perché sul breve termine ci limitano ma alla lunga avvantaggiano noi, la nostra comunità e il sistema.
Lo stesso vale per le organizzazioni?
Provate a pensare a come le aziende comunicano, i messaggi che veicolano. Probabilmente racconteranno di essere una azienda innovativa, digitale, tecnologica, attenta al benessere dei dipendenti, sostenibile (green), e centrata sugli utenti, tanto per citarne alcuni.
Questi valori - se perseguiti e rispettati davvero - aiutano l'organizzazione a perseguire i propri scopi, a definire una strategia funzionale? Io penso di sì, a patto di non confondere alcuni di questi valori per il fine.
UX e strategia
Che rapporto ha la user experience nell'implementazione di una buona strategia?
Dopo aver scritto la mia definizione di strategia, riporto la mia definizione ux:
L'user experience design è un approccio progettuale orientato all'utente che adotta una metodologia partecipativa.
Orientata all'utente significa che l'ux design deve tener conto delle motivazioni e degli interessi di tutti gli attori in gioco (stakeholder), ma con una particolare attenzione agli utenti, con la consapevolezza che la valutazione degli utenti sarà di tipo esperienziale.
Metodologia partecipativa significa che - all'interno della attività di progettazione - vanno previste una o più fasi di ricerca che coinvolgano un campione degli utenti finali e, quando opportuno, degli esperti di dominio.
La UX (essere centrati sugli utenti) può essere un valore che - nel medio lungo termine - aiuta l'organizzazione a realizzare i propri scopi finali?
La UX genera valore nella misura in cui aiuta a
- fare la cosa giusta, attraverso la UX research
- farla bene, attraverso l'UX design, ad esempio rispettando i princìpi di usabilità, le linee guida di interaction design e progettando una corretta architettura dell'informazione.
Fare la cosa sbagliata
Fare la cosa giusta significa soprattutto evitare di fare la cosa sbagliata: investire le proprie risorse in prodotti e servizi che non tengono conto dei bisogni e degli scopi degli utenti.
Per spiegare cosa intendo, farò alcuni esempi di prodotti costati milioni e che non hanno incontrato il successo del mercato.
Lo smartphone di Bezos
Il Fire Phone è lo smartphone fortemente voluto dal CEO di Amazon. Annunciato e lanciato nel giugno 2014, nei primi 3 mesi si stima che Amazon ne avesse venduto poche decine di migliaia. A ottobre il fire phone fu sostanzialmente ritirato dal mercato, per un danno economico stimabile intorno ai 170 milioni di dollari.
Fonte: Wikipedia
Perché è fallito?
"In essence, we were not building the phone for the customer—we were building it for Jeff," says one source. With Bezos managing every critical decision, teams began second-guessing themselves trying to anticipate how he would react.
Fonti: Fast company - CNET
Il Fire Phone è stato progettato non in base ai bisogni degli utenti, ma seguendo i dettami di Bezos: CEO centered design.
Google Glass
Ve li ricordate i Google Glass? Quando furono annuncati nel 2012 qualcuno sostenne che, in pochi anni, avrebbero avuto lo stesso successo degli smartphone:
it could potentially be the default way in which users interact digitally with the physical world around them in the coming years.
Nel 2015 Google annunciò, via Google+, che avrebbe smesso di venderli.
Perché sono falliti?
I Glass avevano molti problemi: di privacy, di performance, di licenza. Non ultimo, però, il fatto che non rispondevano ai bisogni degli utenti:
There wasn't any usual or practical usage of this product. Therefore, it doesn't bring any major benefits to the customers.
One of the problems with Glass was it arrived with great fanfare, but most of us were not sure how we could use the product.
The Google Glass has two basic functions: to quickly capture images and to have a feed of useful information from the internet a glance away. What are the most practical daily uses for these features? None.
Fonti: startuptalky - Forbes - business2community
Il "cimitero" dei prodotti Google
L'abitudine di Google di creare decine di prodotti che poi falliscono dopo pochi anni è oramai nota. È un atteggiamento che possono permettersi, avendo risorse praticamente illimitate. Ma oltre ad un enorme sperco di denaro questa scelta causa un grave danno alla loro reputazione, come ci ricorda Ars Technica
È il pericolo dell' innovazione a tutti i costi: creare una serie infinita di prodotti destinata a fallire. Il risultato è che gli utenti si rivolgono altrove, e Google si ritrova fuori mercato. L'esempio più eclatante sono gli strumenti di messaggistica.
What do Google Talk, Google Voice, Google Wave, Google Plus, Google Hangouts, Google Allo, and Google Duo have in common? All these apps were meant to function as communication apps and platforms, and all of them are currently dead.
The Google Graveyard: Why Almost All Of The Tech Giant’S Messaging Apps End Up Dead
Google ha lanciato 7 applicazioni di messaggistica, sono praticamente tutti falliti, e oggi a dominare il mercato sono Whatsapp, Facebook messenger, Telegram e Apple iMessage.
Il metaverso
Qualche giorno fa ho scritto, su linkedin, un post molto sarcastico sul metaverso e sui futurologi che ne prevedevano un futuro luminoso.
Lanciato da Mark Zuckerberg nell'ottobre del 2021, nelle parole di Meta (ex Facebook)
the metaverse is the next evolution in social connection and the successor to the mobile internet.
In un'intervista a The Verge di ottobre 2021 Zuckerberg sosteneva che
"I think we’re basically moving from being Facebook first as a company to being metaverse first".
Non a caso la compagnia ha già investito 10 miliardi di dollari nel progetto.
Come sta andando il metaverso?
In questi 12 mesi Meta ha perso il 70% del proprio valore in borsa, e ha annunciato 11.000 licenziamenti. Naturalmente non è solo colpa del metaverso, che però non è propriamente un successo
Many of Meta’s virtual spaces are all but ghost towns, with reports alleging that even Meta’s own employees are reluctant to spend time inside them.
Fonti: CNN Business - Time - Fortune
Naturalmente è presto per dichiarare il metaverso morto. Anzi, è probabile che vi siano contesti in cui un ambiente tridimensionale immersivo condiviso possa essere un successo, ad esempio nell'ambito dei videogiochi o in alcuni contesti di nicchia. Ne ho scritto nel post dedicato alla realtà virtuale. D'altro canto, è altamente improbabile che, nel prossimo futuro, trascorreremo molte ore con i caschetti addosso: è un'esperienza faticosa, che può indurre motion sickness, che peggiora molte interazioni (immagina di leggere questo post con il caschetto) e - fuori dai contesti specifici - aggiunge poco valore.
Soprattutto, è la classica soluzione alla ricerca di un problema, o di un contesto.
Startup e fallimenti
I casi che ho presentato rappresentano alcuni fallimenti delle big. Ma il fallimento è comune anche nelle startup. Secondo varie stime il tasso di fallimento delle startup supera l'80%.
Perché le startup falliscono?
Cbinsights pubblica periodicamente una statistica sulle cause del fallimento delle startup e stila una classifica delle cause principali.
Nel report del 2014 il motivo principale - riportato nel 42% dei casi - era No market need: sviluppare un prodotto che non risolve un bisogno degli utenti. Nel 2021 la classifica aggiornata metteva Ran out of cash (finiscono i soldi) al primo posto col 38%, e no market need al secondo con il 35%.
Questo dato conferma il princìpio: un fallimento causato da "no market need" è un fallimento di strategia, ed è il risultato di non aver fatto UX research (o averla fatta male). Il princìpio "parti dai bisogni" avrebbe ridotto di molto il rischio di fallimento.
Fonti: review42 - failory - entrepreneur -
E l'innovazione?
La UX fatta bene riduce drasticamente il rischio di fallimento di un progetto ed è un importante fattore di innovazione incrementale. Ma per alcuni - ad esempio Donald Norman (pdf) - potrebbe limitare la capacità di una organizzazione di generare innovazioni radicali. Ma questo è un tema che merita un post a sè.
Conclusioni
Definire una solida strategia è fondamentale per permettere alle organizzazioni di realizzare le proprie finalità. Alcuni valori aziendali possono aiutare ad orientare le scelte e a garantire dei benefici a lungo termine: essere orientati all'innovazione, all'uso della tecnologia, alla sostenibilità, ad un rapporto costruttivo con i dipendenti, e ovviamente essere centrati sugli utenti. Essere innovativi e tecnologicamente avanzati è uno dei valori, non un fine. La ux aiuta a fare la cosa giusta, ovvero a capire presto se una cosa non risponde ai bisogni delle persone.
Apparentemente l'approccio che propongo, quello di partire sempre dai bisogni delle persone, rischia di essere troppo prudente, e far perdere all'organizzazione delle opportunità di innovazione radicali. Ne parleremo la prossima volta.