I contenuti testuali sono parte integrante, a volte dominante, dei servizi digitali. Usiamo parole e testi per informare, per guidare gli utenti nei processi, per segnalare e correggere errori, per comunicare, raccontare, narrare, coinvolgere, rassicurare, convincere. il testo ha un ruolo talmente centrale nell'interazione, nell'usabilità, e naturalmente nell'architettura dell'informazione, che l'idea di ux writing può sembrare pleonastica.
Il testo è talmente connaturato alle interfacce digitali che spesso viene dato per scontato, rimpiazzato da lorem ipsa fino a quando non c'è più tempo per dedicargli la dovuta attenzione. La definizione dei contenuti testuali è un processo multidisciplinare, che coinvolge, fra gli altri, ux designer, committenti e chi si occupa dei contenuti.
In questo articolo affronterò il tema dalla prospettiva della psicologia cognitiva e dell'architettura dell'informazione partecipativa. Nella breve rassegna di risorse che ho raccolto in fondo all'articolo il tema è affrontato da punti di vista diversi.
Nell'affrontare il tema, ritengo opportuno distinguere gli elementi testuali in base alla loro funzione:
- i testi finalizzati all'interazione dell'utente con il servizio digitale (id)
- i testi finalizzati alla navigazione e alla trovabilità (ia)
- i contenuti veri e propri
- i testi con finalità prevalentemente persuasiva
I testi dell'interazione
Quante cose possiamo fare quando utilizziamo una interfaccia? Potenzialmente, innumerevoli. Ma, se ci pensiamo, le varie azioni si riducono ad un paio di dozzine. Sono quelle che io definisco i verbi dell'interaction design. L'elenco che segue, pur non essendo esaustivo, probabilmente copre il 90% dei casi d'uso:
- Registrazione
- Accesso / login
- Ricerca (cercare)
- Scegliere
- Decidere
- Leggere, guardare, ascoltare (consumare un prodotto digitale online)
- Creare
- Scrivere
- Aggiornare
- Cancellare
- Acquistare / comperare
- Pagare
- Scaricare / fare download
- Caricare / fare upload
- Condividere
- Mettere like
- Commentare
- Dare delle informazioni
- Controllare un dato o una serie di dati
Provate a pensare ad un prodotto o servizio che state progettando in questo momento, e fate mente locale a quali cose possono essere fatte utilizzando questo prodotto. Quante di queste funzioni rientrano nella lista di verbi (o nominalizzazioni verbali) di questo elenco? Quante non rientrano in questo elenco? Se vi va, scrivetemi via mail tutti i verbi dell'interaction design che non sono presenti in questa lista: bussolon@gmail.com
Per quanto possano esservi delle specificità legate al dominio e alla specifica applicazione, una parte importante dell'interazione è dominio aspecifica: le azioni elencate valgono per un social network, per un e-commerce, per un internet banking, per un sito della pubblica amministrazione e così via. In casi come questi, il metodo migliore per identificare non solo le etichette e i testi ma anche le icone ed i flussi è quello di fare benchmark: cercare di capire come fanno quelli bravi. Come fanno Linkedin, Google, Amazon, Dropbox, Airbnb, Mailchimp? In base ai risultati del benchmark è possibile creare un documento nelle proprie linee guida / design system in cui, per ognuna delle attività, vengono definite le etichette, le icone, e possibilmente dei pattern di interazione. Il documento (ed il lavoro di ricerca preliminare) è finalizzato a:
- garantire buoni standard qualitativi nella progettazione dell'interazione
- garantire una buona consistenza esterna e una rigorosa consistenza interna
Per consistenza esterna si intende l'adozione degli standard de facto delle UI, per permettere all'utente di comprendere l'interfaccia e l'interazione senza la necessità di imparare cose nuove (zero learning). Il fine del benchmark è proprio quello di adeguare la propria interfaccia (compresi i testi e le etichette) a quelle della maggior parte dei servizi digitali. La consistenza interna consiste nell'applicare le stesse soluzioni (di interfaccia, di navigazione, di interazione) in tutte le sezioni del sito/servizio/dominio e in tutti i servizi/siti/domini/canali dell'organizzazione.
I testi dell'architettura dell'informazione
Mi riferisco principalmente alle etichette finalizzate alla navigazione e alla trovabilità delle risorse del dominio informativo.
Mentre le azioni legate all'interazione con l'interfaccia tendono ad essere trasversali a differenti domini, le etichette, i titoli e gli elementi dell'architettura dell'informazione sono dominio-specifici: le sezioni ed i contenuti di un sito di un comune saranno molto diversi da quelli di un e-commerce, da quelli di un social network, da quelli di un sito che si occupa di architettura dell'informazione.
La regola generale di design che mi sento di suggerire è: in tutti gli aspetti in cui vi è aspecificità di dominio è opportuno fare benchmark e affidarsi a standard e consuetudini affermate. In tutti gli aspetti in cui vi è specificità di dominio il benchmark va limitato ai prodotti o servizi simili, e diviene fondamentale adottare un approccio partecipativo: fare ricerca con gli utenti.
Per quanto riguarda le etichette dell'architettura dell'informazione, il metodo principe è il free listing. Lo scopo principale del free listing è quello di coinvolgere i partecipanti nella definizione del dominio informativo, ma le loro risposte possono aiutarci a capire il loro lessico.
Il card sorting, nella forma aperta, ci permette non solo di comprendere la tassonomia implicita degli utenti, ma anche il lessico che usano per etichettare le categorie.
Le interviste sono un altro strumento prezioso. Se abbiamo la possibilità di video o audio-registrarle, è opportuno fare una analisi testuale dei trascritti per analizzare il lessico dei partecipanti.
Un altro strumento può essere la netnografia, ovvero lo studio delle comunità online dedicate agli argomenti affini al dominio che stiamo progettando.
I dati emersi dalla ricerca con gli utenti vanno confrontati con quelli della ricerca con gli esperti di dominio. In fase di definizione della strategia è necessario aver chiaro se il servizio è dedicato a utenti esperti, a non esperti o entrambi. Nel primo caso è necessario adottare una terminologia più tecnica, privilegiando la precisione. Nel secondo caso è utile adottare - nei limiti del possibile - il lessico degli utenti.
Nelle circostanze in cui è necessario utilizzare dei termini tecnici anche quando il servizio è rivolto anche ad utenti non esperti, può essere utile utilizzare un vocabolario controllato. Nella sua accezione più semplice, possiamo immaginare un vocabolario controllato come una tabella in cui ogni unità informativa (per capirci, ogni pagina, ogni sezione del dominio informativo) è rappresentata in una riga, e nelle colonne vengono elencati l'etichetta ufficiale ed eventuali sinonimi.
Ad esempio, alla riga dedicata all'"acido acetilsalicilico" saranno elencati anche i nomi commerciali "Aspirina" e "Vivin C". In questo modo l'utente che cerca "Aspirina" troverà la pagina corrispondente.
Contenuti informativi
I testi delle due categorie precedenti rientrano generalmente nella definizione di micro-testi: etichette o brevi frasi finalizzate ad aiutare l'utente a fare cose o a trovare quello che cerca. Un dominio informativo è però fatto anche e soprattutto di contenuti, e spesso i contenuti sono testuali.
Un fattore che influisce sull'esperienza utente è la fluenza cognitiva. E una parte della fluenza cognitiva è rappresentata proprio dalla fluenza linguistica: fluenza lessicale e sintattica.
La fluenza lessicale consiste principalmente nell'utilizzare parole comuni e facili da pronunciare. La fluenza sintattica si basa sull'uso di costruzioni sintattiche semplici: frasi relativamente brevi, senza doppie negazioni, meglio se nella forma soggetto verbo predicato.
Per misurare la fluenza lessicale e sintattica sono molto affidabili anche indici piuttosto semplici come il Flesch, che misura la lunghezza delle parole e lunghezza delle frasi.
Contenuti persuasivi
I contenuti testuali hanno spesso anche finalità persuasive: convincere l'utente a iscriversi alla newsletter, acquistare un prodotto, installare un applicazione.
Nell'affrontare questo aspetto, ritengo necessaria una premessa etica: è legittimo utilizzare tecniche persuasive per indurre le persone ad adottare un determinato comportamento o a compiere determinate scelte? Io credo che la risposta possa essere positiva solo a patto che questi comportamenti non vadano a ledere il benessere delle persone. Al tema del rapporto fra etica e benessere ho dedicato l'articolo "il giuramento di Aristotele". Detto in altri termini, non è lecito usare la persuasione per indurre le persone a fare scelte o adottare comportamenti lesivi del loro benessere o non sostenibili.
Primo, non dissuadere
Prima ancora di tentare di persuadere una persona, è fondamentale evitare qualsiasi circostanza che possa avere effetti dissuasivi: è necessario evitare passi falsi.
In termini di usabilità (efficacia, efficienza, soddisfazione d'uso) significa evitare tutti quei problemi che possono impedire all'utente di portare a termine il compito. Il sistema deve funzionare, e vanno evitati quegli errori di usabilità che rendono il processo inutilmente macchinoso. Gli sviluppatori e i sistemisti devono fare il possibile affinché il sistema funzioni; l'interaction designer deve garantire elevati standard di usabilità.
Non dissuadere significa anche evitare errori di comunicazione. Più in particolare, è fondamentale evitare messaggi e comportamenti che possano anche implicitamente violare i valori degli utenti.
Altro aspetto estremamente importante, evitare messaggi contraddittori.
La fluenza è persuasiva
Nel paragrafo precedente ho accennato alla fluenza cognitiva e verbale. Ebbene, vi sono numerosi studi che dimostrano che una elevata fluenza aumenta la credibilità nel messaggio e la fiducia nella fonte. Se parliamo in maniera semplice ispiriamo fiducia e credibilità.
La personificazione del marchio
Le persone tendono ad antropomorfizzare le entità non umane - gli oggetti, le organizzazioni - con cui interagiscono, attribuendo loro attributi umani, e creando delle relazioni in qualche modo paragonabili a quelle fra esseri umani. Nel corso delle interazioni, a queste entità viene attribuita una identità, una personalità, un carattere. Il brand è, di fatto, la risultante di questa proiezione.
Per costruire una relazione positiva e duratura fra il marchio e gli utenti, sono necessari alcuni fattori:
- l'identità del marchio dev'essere coerente in ogni circostanza e durante tutta la relazione;
- l'identità del marchio deve avere quelle caratteristiche che l'utente attribuisce al proprio sé ideale.
Se al marchio vengono attribuite quelle caratteristiche che l'utente vorrebbe avere (sé ideale, appunto) egli sarà portato non solo ad entrare in relazione (ed utilizzare) quel marchio, ma anche a renderne pubblico l'uso, nella convinzione che questo migliori anche la propria identità sociale.
Relazioni sostenibili
Il fine dell'ux design è di progettare prodotti e servizi capaci di soddisfare scopi e bisogni degli utenti e scopi di business dei committenti. A lungo termine, la strategia migliore si basa sul rispetto e sulla sostenibilità. Attraverso i propri prodotti, servizi, le proprie azioni e il modo di comunicare le aziende e le pubbliche amministrazioni possono instaurare delle relazioni solide, positive e durature. Queste relazioni sono uno degli asset più importanti che permettono all'organizzazione di sopravvivere, crescere, prosperare.
Costruire queste relazioni è un processo complesso, che richiede un approccio multidisciplinare. Le parole sono una parte integrante, importante di questo processo. Le parole sono importanti.
Link utili
Comunità e persone in Italia
Microcopy & UX Writing Italia è un vivace gruppo Facebook dedicato a questi temi. Fra le persone da seguire segnalo Luisa Carrada, Nicola Bonora, Yvonne Bindi.
Risorse web
- 18F Content Guide - Introduction
- Content Strategy Guide - Digital Guides
- Content Design London: What is content design?
- Readability Guidelines | Readability Guidelines
- The Go-To Guide for UX Writers and Content Strategists
- Circling Ourselves: The Story Behind Asana’s Rebrand
- 36 Great Brand Guidelines Examples - Content Harmony
- A mega list of UX writing resources - Noteworthy - The Journal Blog
- Voice, Tone & Content Guides
- Tone-of-Voice Words
- The magic of microcopy - UX Collective
- Writing UX Microcopy: The Four Cornerstones | Adobe XD Ideas
- The Beginner’s Guide to Microcopy - Prototypr
- A 6-point microcopy checklist for product teams without UX writers
- A brief guide to writing UX microcopy
- What Does A UX Writer Actually Do? (2020 UX Writing Guide)
La fotografia: Scrabble! | Hands down my favourite board game | Elea Chang | Flickr